Sei cospars3 (e dispers3) tra/nei “detti, proverbi, massime, metafore, analogie, similitudini, motti, aforismi, adagi, etc.” senza per/con questo comprenderne il significato.
Così, come se (come se) tutto esistesse senza alcun senso proprio.
Come esiste l’erba, l’aria, lo smartphone... allo stesso modo – ti sembra – che esista anche questa sorta di “malizia, arguzia (esperienza)” pregressa, altrui, mai del tutto ben specificata nella sua origine e, soprattutto, nella relativa destinazione d’uso (significato).
E pur riconoscendone il “valore”, per qualche motivo ambientale… non lo tieni mai in considerazione portante e centrale, allorquando ti ritrovi a “decidere”:
“tra i due litiganti, il terzo gode…”.
Molto interessante. Vero? E… “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare…”? Che ne dici?
Quale significato sostanziale hanno o, meglio, “trasportano (rappresentano)”?
Quindi; non “cosa” ma “chi”… è (da... “esistere”), ad esempio, il “terzo (che) gode”.
Oppure il... “mare”?
Queste espressioni “popolari” sono il risultato, la quintessenza, derivante da esperienze “mai del tutto passate ‘qua così’”.