“Il gusto pieno della vita” è l’amaro in bocca.
Avercene. Di cosa?
Di questa spensieratezza. Perché di questo si tratta: “far finta che, tutto va bè”. Persino la Segre lo ha affermato, di ritorno dalla cattività nazista.
Che dire se non che è tutto un dire.
Così, tanto per. In-tanto. E “niente”. No? Bah. Questo sei “te”. Una Stella collassata a/per terra (Qua, AntiSistema). Una cattura. O una cottura. È uguale nella sostanza. L’amarezza è un luogo comune, ormai. La vita sembra uno dei gironi danteschi. Scegline uno e “vedrai”, come si assomiglia la descrizione e la “tua” vita da auto sopravvivente.
Non sei nemmeno uno scappato di casa, perché della casa hai sempre bisogno. Motivo per cui anche la casa ti assomiglia, venendo tartassata a dis-misura e comunque sia, sempre a n-orma di “legge”. Così che “tu” non possa mai dir nulla di sì tanto dirimente, non decidendo mai, bensì, scegliendo sempre fra… ed or dunque auto localizzandoti come utilizzando il Gps.
O il... “telefono”.
Nella “tua” casa stai bene o male? Non importa, perché ne hai necessità ed allora è lì che devi restare. Con le tasse che ti colpiscono a botta sicura e con il fisco e le forze dell’ordine che ti conoscono meglio delle loro tasche. Non puoi s-fuggire, in tale f-orma di “civiltà”, tanto è-voluta da non lasciarti scampo.
Chissà mai perché alfine tutti si muore, prima o poi.
Un contesto curioso, però, visto che “tutto si trasforma”.