E il fatto ch’io cercavo l’esperienza spirituale a tutta prima nell’esperienza delle idee, conduceva al malinteso, a cui ho accennato, nel quale persino i miei amici più intimi, non vedendo nelle idee la realtà vivente, mi prendevano per un razionalista o un intellettualista.
Da “La mia vita” di Rudolf Steiner – pag. 228-229
Viviamo di “malintesi” nei nostri rapporti quotidiani con gli altri; sia utilizzando le sfumature del linguaggio, secondo univoca sensibilità, sia atteggiandoci attraverso usi ed abitudini comportamentali. E non è davvero facile capirsi. Probabilmente è solo nel silenzio, paradossalmente, che è possibile instaurare quella empatia o telepatia o risonanza con coloro che ci stanno attorno. La comunicazione olografica è sempre attiva, così come il meccanismo specchio/riflesso; se questi tipi di comunicazione non mentono per natura intima del loro senso, è altrettanto vero che non sono di facile comprensione però! Trattasi di altra forma di linguaggio, diversa da quella usualmente e gutturalmente strutturata. Di questi “malintesi”, per dirla alla Steiner, è pieno il mondo e le nostre giornate. Non ci si capisce. Parliamo lingue diverse pur affermando gli stessi costrutti.
Abbiamo portato fuori di noi la modalità comunicativa, perché è stata persa quella “interna”, chiaroveggente.
Tutto ciò mi fa presupporre che il linguaggio sarà oggetto di notevoli trasformazioni nel futuro; è Steiner stesso che ci ricorda, nelle “Cronache dell’Akasha” che giungeremo a “procreare” materialmente la Vita, attraverso l’utilizzo del connubio parola-suono-vibrazione. In pratica un ritorno ai giorni primordiali della grande Creazione, della grande "mano" che non è una mano.
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