La rinuncia, a tal scopo, dell’utilizzo massivo delle “parentesi” e la decisione di usare il “grassetto e/o la sottolineatura”.
Perché:
- le parole sono dei contenitori, molto spesso, a tua insaputa
- l’abitudine tende a far passare inosservata la “sostanza”
- la visuale dalla quale inquadri la realtà manifesta non sia solo il “buco della serratura” di una porta d’ingresso/uscita… sbarrata e chiusa sul tuo più autentico cammino.
C’è, insomma, un motivo di fondo se… è stato scelto l’utilizzo della "decomposizione" della parola usata per default o ciecamente, da chiunque “qua, così”. Il rischio che si corre è qualcosa che “ha già corso abbastanza, per fissarsi in quella zona off-limits, che riconosci solo con il termine generico di ‘inconscio’ = nel conscio, in te… ma, costituente una sorta di ‘zona franca’, dalla quale ti mantieni sempre costantemente distanziato/a, così, per motivi non meglio precisabili. Come se avessi letto un cartello/avvertimento che ti controlla attraverso il circuito dell’osservanza”.
- (in)conscio
ma
- inconscio o inconscio.
Diciamo che, in SPS l’apporto di chi legge non è, poi, così sviluppato. Ergo: chi c’è non si manifesta volentieri.
Per cui, ciò che “aleggia/volteggia” viene colto in maniera tale da intuire cosa sia meglio, rispetto a cosa sia un po’ più “pesante”.
Messo in chiaro questo argomento, inoltrati ora nel pieno dell’articolo quotidiano (che è tornato ad essere “lungo”: te ne sei accorto/a? Con te “passa di tutto”. La “tua” attenzione è pari a quella di un criceto, con buona pace di ogni criceto. Non ricordi perché sei scordato/a.).
SPS è “qua”, per farti notare certi “tuoi” comportamenti, adattamenti, certe predisposizioni stranamente radicate nel suolo abitudinario del “fare”.