SPS

sabato 19 dicembre 2009

Le amnesie di Dori.




 


Del film d’animazione “Alla ricerca di Nemo” mi vorrei soffermare alla scena, verso la fine,  di Dori che, abbandonata anche da papà Marlin, perde definitivamente se stessa precipitando in un abisso di oblio senza memoria. Lei che aveva finalmente trovato qualcuno che stesse in sua compagnia per più di un “attacco d’amnesia”, e che aveva pensato di avere finalmente superato il problema dei vuoti di memoria, torna all’improvviso nella vecchia e ciclica dimensione dello smarrimento. La vediamo che gira attorno ad una catena d’ormeggio che scende dal pelo d’acqua e sparisce nelle profondità del fondale. Vortica attorno all’unico corpo che sembra non scappare da lei, svuotata, lontana da sé, farfugliando frasi rotte, esitante nel prendere qualsiasi altra “via”. Inutile dire che Dori rappresenta la nostra natura illusoria, il nostro crederci separati, il nostro vuoto di memoria ancestrale che, a singhiozzo, di tanto in tanto si riempie di “intenzioni” fugaci quanto il riverbero della luce sui profondi fondali marini. Lo smarrimento che incarna quella scena mi pugnala ogni volta che la vedo; mi fa male perché mi “ricorda” qualcosa. Il mio stato immemore di densità dello Spirito. Oscillo come un corpo neutro sulla linea della superficie dell’acqua, ora appena sotto, ora appena sopra; i miei sensi colgono ritmicamente quello che sta al “di sopra” e quello che sta “al di sotto”. Non comprendo alla fine dove io sia in questo fluttuare continuo. Passo da stati di “potere” a stati di “schiavitù” in men che non si dica. Il ciclo dell’energia vitale è ancora troppo soggetto alla natura densa di questa dimensione, delle paure che s’elevano dalle profondità “dove sono sceso per recuperare la maschera con i dati che mi condurranno verso quella parte di me che attende”. Il mostro lanterna, sul fondo dell’abisso, che cerca di divorare i nostri due amici porta anche la luce nelle tenebre, l’avete notato? Infatti non può esistere un “polo” senza la diretta compenetrazione del suo complementare. In quel vorticare attorno a quello che non scappa, c’è tutta la dispersione dell’essenza divina che ci contraddistingue; attendendo chissà cosa bruciamo tempo ed opportunità. Sicuri di essere “nessuno”, un filo dimenticato nel telaio della creazione. Bruciamo tempo. Bruciamo nel tempo. Infatti la nostra scintilla divina brucia, arde da qualche parte a noi non comprendibile. Come un faro nella notte dell’oblio, o una boa di segnalazione non smette di annunciare la nostra presenza in “superficie”. Lavori in corso in questo punto dell’oceano. Spirito all’opera. On the air. L’amnesia di Dori s’acuisce e rischia veramente l’oblio. È quello un punto cardine nell’esistenza dell’essere; un punto che richiede l’intervento del sincrodestino. Un attimo che rischia di trasmutarsi in eternità, a così pochi metri di “pellicola” dal “the end”. E cosa succede? Che nel momento in cui Dori perde tutto, persino l’illusione di “avere finalmente trovato”, in cui si lascia andare ad un flusso, un volere superiore che sembra volerle non troppo bene, ebbene succede qualcosa… un segno che nobilita tutto ciò che è stato fatto in precedenza durante il “viaggio”. È un cambio diametrale di prospettiva, quello che “gli succede”, una leva che magicamente ribalta ogni parvenza d’evento. Quella scintilla dentro di lei, dentro di noi, non smette mai di stupirci per quanto sia ancora sfuggevole eppure meravigliosamente “luminosa”… Cosa succede? Che importanza ha!


 Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
 
Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.
(Eugenio Montale)

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