“This is my church.
This is where I heal my hurts…”.
Faithless - God is a Dj
Sì… “Dio” è il Dj di tutto questo, cosa? Di questa f-orma terrena o modalità di realtà manifesta. Una delle in-de-finite. Stanne certo. Questa cosa può, infatti, assumere qualsiasi scenario: qualsiasi, nel potenziale a tuttotondo. Limitarsi a solo questo dipolo “denaro-lavoro (by potere gerarchico o eco-dominante + ogni sottodomino)” è auto delimitarsi indefessamente, scegliendo fra le righe di scomparire in quanto a co-creatore del proprio futuro, destino, orbita. Rimanendo in balia di “Dio”. Di quella entità rivelata che decide per tutti, salvo esistere quasi clandestinamente tra le pagine degli svariati “libri sacri”.
La figura di Dio è uno strumento, a sua volta, del “Dio” che ne ha propagandato le caratteristiche più note, a proprio uso esclusivo.
Leva. Megafono. Piede di porco. Cassetta degli attrezzi. Chi scandisce il ritmo? Chi predetermina la musica? God is a Dj. Le ottave sono le sue coorti. Meglio: egli le utilizza per difendersi dalle varie ed eventuali. Si sa mai che qualcuno lo venga a visitare, come ritorno di fiamma. Mentre con le note si appropinqua, si avvicina al prossimo, sino ad avvolgerne il passo, direzionando, “illuminando”, traendo lucciole per lanterne di modo che tutte le strade, comunque sia, riportino sempre ad esso. Sì, al maschile. Che c’è di male. Tanto è tutto una gigantesca approssimazione.
Un vedo non vedo. Qualcosa che vale la pena, però, di abbozzare poiché altrimenti... non c’è nulla di simile in giro. Ma pensa. “Dio” fa così paura che porta alla mente il “rispetto”, l’ossequio riservato al boss mafioso, alla personalità che per qualche motivo si è meritata un simile luogo comune. Anche se, in definitiva, che cos’è la morte. Morire è un po’ come dormire. Un lungo sonno magari senza sogni né incubi. L’oblio. Lo scantinato di Westworld. E che cos’è la vita. Non è forse simile? Senza denaro e lavoro (laddove “servono”) non si trasforma nell’incubo peggiore, lungo tutta la vita? E allora. Morire è un po’ come soffrire per tutta una vita? Non c'è ricordo che tenga. Non si torna indietro? E la... reincarnazione allora? Morire sembra la fine delle sofferenze, passando da quella più grande: quando ti si ferma il cuore, il respiro viene meno, la mente cortocircuita? No: passando dal soprav-vivere.
Sembra un attimo.
Come muovere l’ultimo passo prima di entrare in un luogo sconosciuto dal quale non c’è via di uscita: sola andata, oppure… semplicemente senso unico. Uscire dalla porta per rientrare dalla finestra. La paura di morire blocca e impaurisce il vivere. Così, senza una vera auto identità, si langue. Evanescenti. Come attraversata in solitaria. Come solitario senza fine. Al solito. Mentre, diversamente, c’è un motivo portante: il perché la situazione è tale. Cioè? Il “Dio” che imprime il proprio esclusivo desiderata. Il suo marchio sugli individui. Il prepotente che dura da chissà quando/quanto, probabilmente rinnovandosi a livello di “famiglia”. Non a caso, infatti, i Re si tramandano trono, scettro e reame. Così come i Papa. Sino a quando qualcuno non ne interrompe la successione, prendendone il posto. Sic.
Qualcosa di molto terreno, terrestre, terra terra.
Qualcosa che deve fare insospettire nella maniera giusta, però: accorgendosi sostanzialmente che Oz non è proprio solo una fantasia per sempliciotti. Nel “film” 10000 ac, il “Dio” è al solito in carne ed ossa (lasciando perdere il fatto che sia un alieno). Qualcuno che muore, come chiunque altro. Trafitto. Sanguinante. Colpito dall’avverarsi della profezia o maledizione che dir si voglia. Si formino, allora, schiere di fermi oppositori a questo potere usurpante. Basterebbe mangiare la foglia. Cosa che non succede perché tutto questo non esiste; c’è.
Che prove ci sono? Nessuna. Tutte.
Dipende. Al tempo della schiavitù in catene era impossibile dubitarne, perché le frustate si portavano via brandelli di carne in maniera alquanto indelebile e dolorosa. Mentre “ora” non succede più in quel modo. Perché? Perché il “Dio” ha cambiato strategia? Se egli è l’essere “già successo”, allora che cosa è già successo di così portante da averlo convinto a mutare piano, anche se non di certo interesse? Una ribellione molto potente. La Bibbia narra di qualcosa di simile: un parassitaggio, però. Chi è “il caduto” nella sostanza? Quando il mondo sembra essersi ribaltato? È successo veramente, poi? Oppure è ancora “spettacolo”.
Reset. Squadra che vince.
Tagliando corto… tutto quello che caratterizza il pacchetto dati della memoria ambientale, è verità. Motivo per cui non è proprio possibile che qualcosa sia solo una “storia”. È come quando devi ricavare la metafora contenuta in una qualsiasi rappresentazione. Non si butta via niente. Niente è assolutamente una menzogna. Tutto è verità, alfine. Ma il circuito si chiude solo quando l’individuo è sostanziale. Altrimenti, “andrà tutto bene”, intanto per ora è così. La ciclicità permette di accorgersi nella ripetizione continua. Oppure, promette di essere una galera non dichiarata eppure sempre funzionale, funzionante. Come incubo. Sonno. Coma. Pensionamento. Lavoro indefesso. Una cambiale mai scaduta. La notte che non passa mai. L’alba che ritarda continuamente. Un sole che acceca. Il deserto, il cielo e l’oceano aperti. Una lunghissima via che promette sempre di finire. Un albero così grande che non si possono contare tutte le foglie, essendo sempre estate.
A Gaza, in Palestina, le persone sono ancora vive (anche se rischiano di morire fisicamente ad ogni istante). Nel resto del mondo, dove il rullo compressore è già passato, gli abitanti sono tutti morti, ma non se ne accorgono. Morti dentro. Nella sostanza. Carmelo Bene docet.
Sopravvivono rispetto all’esserci, che evitano come peste.
Sì, il lavoro ed il denaro. I lubrificanti per questo ingranaggio globale dalla forma sfuggevole, seppure ci tiene a farti vedere sempre la solita “palla”.
Davide Nebuloni
SacroProfanoSacro (SPS) 2023
Bollettino numero 3484
prospettivavita@gmail.com
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