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giovedì 13 ottobre 2016

Felicità è…



"Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice...".
Seneca
La “verità”. La… v e r i t à. Verità:
l'etimologia della parola verità è riconducibile al sanscrito vrtta = fatto, accadimento.
Pertanto il termine verità indica qualcosa di realmente accaduto nei fatti.
Un'altra interpretazione etimologica attribuisce l'origine della parola verità alla radice var- che nello zendo (la lingua dei testi sacri zoroastriani dell'antico Iran) vuol dire credere; del resto anche il sanscrito varami significa scelgo, voglio.
Questa seconda interpretazione etimologica sottolinea, piuttosto che l'aspetto fattuale e reale della verità, il significato ed il valore etico, morale e perfino spirituale della verità o meglio della Verità, perché essa indica ciò in cui credo, ciò che scelgo, voglio, spero.... mettendo in luce l'importanza della libera e volontaria adesione ad Essa...
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La verità è un “fatto, accadimento”. O, meglio, è relativa a qualcosa che si sviluppa e si manifesta, in seguito ad un “fatto, accadimento. Essa è, anche, una “scelta di credere a/in…”. 
E, dunque, di “sperare”. Quindi?
“Dove” accade che qualcosa, che è collegato ad un “aspetto fattuale e reale”, diventa “speranza (alias: attesa)”, giungendo a fondere i due aspetti in un assieme, che diventa qualcosa di auto generante “confusione, indugio, lenta certezza, etc.”?
Il “dove” è… “qua, così”:
nella forma AntiSistemica, che alimenti attraverso il tuo passaggio esistenziale (infatti: se osservi attentamente quello che “ti succede”, a fronte del tuo certo “depauperarti, sino alla inevitabile morte fisica”, avviene il sostentamento dello status quo nel quale, per forza di cose, sopravvivi e non altro;
“altro” che – nella migliore delle ipotesi – corrisponde solamente ad… “effimera poesia”, nel modo di vedere le cose, tanto soggette a sicuro declino, sino al raggiungimento della condizione apparente di “scomparsa dal mondo reale manifesto”).

Allo stesso tempo:
chi si accontenta, gode”.
Proverbio
Meglio accontentarti, infatti, di ciò che "hai, godendo" subito, piuttosto che rischiare... ambendo a qualcosa "di più", ma... correndo il rischio di non godere mai


Il “rischio” sembra non fare per te. Eppure, 1) la condizione di felicità, che estrai vivendo “qua, così”, è un continuo rischio, costituito da fonti inesauribili di stress proiettato su ciò che ti sembra essere il “tuo” futuro/destino/orbita, conseguente a… e 2) il “piacere (tanto ricercato quanto ritrovato, puntualmente, poiché assai invitante)” legato al gioco d’azzardo, alla scommessa, al trading, alla speculazione, alla sessualità sempre più disinibita, etc. è grandemente interconnesso alla enorme percentuale di “rischio” che corri a/per/in…
"Qua, così"... hai sempre una "spada di Damocle", perennemente appesa sopra la testa. Di quale "felicità" godi, allora? Di quella collegata alla sopravvivenza (allo "scampato pericolo (per ora)".
Sino a questo punto, "tutto bene" (affermi, mentre cadi sempre più "giù"). 


Un rapporto sessuale, come una giocata al Casinò oppure una tradata veloce, etc. sono infatti “rischio allo stato puro”. Ma… sembra che non te ne accorga più, ormai. 
Abituat3, come sei, a farti governare dagli eventi, piuttosto che il contrario. Anche a fronte di certe “tue” credenze/certezze, che t’illudono di “essere sopra alla panca”…
La felicità è lo stato d'animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri
L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità.
La nozione di felicità intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco eudaimonìa) solitamente tradotto come "felicità".
Il termine non solo indica gioia ma l'accettazione del diverso e la tranquillità con gli altri.
Tale concezione varia, naturalmente, col variare della visione-concezione del mondo (Weltanschauung) e della vita su di esso
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Poni l’attenzione necessaria “lato tuo/umanità, centrale”.
Sii coerente con te, mentre sei e rimani al tuo centro, centralmentecon “a cuore” la giustizia ad angolo giro (la condizione necessaria e sufficiente per… garantire “felicità” a tutti, con te altrettanto felice, sia per quanto riguarda l’ambito fisico reale manifesto, sia per quanto riguarda quello intimo, interiore, proprio ma… sostanziale):
  • la felicità è lo stato d'animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri (“tutti i propri desideri” è una miccia accesa, che si avvicina certamente al blocco di TnT, pronto ad esplodere)
  • abbondanza, ricchezza, prosperità (termini che ben si adattano a "viver di confusione", dal momento in cui... dipendi dal tipo di prospettiva, per mezzo della quale inquadri – mentre sei inquadrat3 - e, vivi/sopravvivi, di conseguenza)
  • il termine non solo indica gioia ma l'accettazione del diverso e la tranquillità con gli altri (un “enorme” impegno, “qua, così”. Non trovi? Quanto sei coerente con ciò e con te stess3?)
  • tale concezione varia, naturalmente, col variare della visione-concezione del mondo… e della vita su di esso (“hai detto niente”).







Questa “visione-concezione del mondo” è davvero tua?
Oppure, solamente, “tua”.
Questo fa la differenza.
Come esiste differenza tra “alto e basso, se… in un piano inclinato”. Nella fisica del reale manifesto, l’inclinazione trascina sempre verso il “basso”. Per “salire”, infatti, occorre un grande sforzo, alias, serve continuamente “energia”:
il motivo per il quale, ad un certo punto, non ce la fai più e… muori).
Nella “gravità”lo “sforzo continuo per…”. Alimentando qualcosa, che non sembra nulla (se non “natura”) di nocivo per te/Massa, sino al momento (punto) di “tracollo”.
Ora, da sempre, “qua, così” (dal momento di “è già successo”)… l’umanità è felice?
Come potrebbe esserlo?
"Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice...".
Seneca
Ha, sostanzialmente, “soddisfatti tutti i propri desideri”?
Quali “desideri?
In quale proporzione, l’umanità, può affermare che tali desideri sono “propri”? Su quale base, si esprime?
E chi/cosa, si esprime, rappresentando l’umanità, mentre essa è preoccupata sempre a fare altro, ergoa sopravvivere (nella sostanza, lentamente andando verso sicura "smaterializzazione").
Tutto questo è troppo infausto, per te? Beh… questo ti sembra, solamente. Questo èall'inverso di quello a cui sei portat3 a credere - quello che ordinariamente ti accade “qua, così”.


Questo è… troppo difficile (complesso) da comprendere? Sì. 

Questo è il “problema” e non, certamente, qualcosa che puoi riuscire ad accettare (anche se inconsciamente) “godendo di quello che hai, comunque ed in ogni 'caso'”).
Da una prospettiva più espansa (aperta) “lato tuo/umanità, centrale”, sei come quei pesciolinia cui danno da mangiare le briciole del proprio pasto, appena concluso (anche se, mai terminato del tutto. Infatti, i pesciolini sono destinati a divenire, prima o poi, pietanza nel piatto della dominante, anche se – in un certo senso – il pasto non è come il mettersi a tavola, per mangiare, ma piuttosto corrisponde almetterti in una condizione totale, che ti sfrutta ad ogni istante, costituendo in questa maniera “alimentazione continua”, sino al momento dell’esaurimento della “batteria”).
Tutto questo è troppo “crudo”, per te.
Certo. Infatti, non sei tu che “mangi, te stess3”.
Pertanto, il “gusto” non è un affare che ti riguarda “qua, così”. 
Se immagini - a livello frattale espanso - un tumore che cosa rappresenta?
Qualcosa che ti mangia dall'interno, che ti cresce dentro, che ti auto divora attraverso le tue stesse caratteristiche biologiche
Proprio come… l’introduzione di un virus, che avviene per mezzo del “respirare ordinariamente” l’ambiente, polarizzato dalla grande concentrazione di massa, dominante.
Qualcosa di caratteristico, come – ad esempio – l’inquinamento ambientale, che non era normale... prima dell’avvento della grande industria.
Una norma che, solo in seguito, è divenuta tale.
Una condizione che, dopo avere compiuto il proprio tempo, terminerà... giungendo a “farti sperare” che sia tutto finito sostanzialmente. Ma, purtroppo per te, sopravvivi in una condizione che si “trasforma sempre e solo in se stessa”, alias:
che ti permette solamente di sperare di essere felice.
Quando, un “bel” giorno, decideranno strategicamente di “azzerare il debito (degli Stati)”, festeggerai felicemente l’approfondirsi del baratro nel quale sei, e decadi, sempre più a fondo, sino a quando non ti renderai conto della compresenza immanifesta dominante “qua, così”.
Questi sono i Paesi più felici al mondo.
Queste sono le nazioni più felici al mondo, secondo l’Happy Planet Index 2016.
Il rapporto misura quanto davvero i residenti di questi Stati utilizzano le loro risorse per avere una vita lunga e felice.
I vari Stati sono classificati secondo quattro fattori:
impronta ecologica, ineguaglianza negli stipendi, aspettativa di vita e benessere.
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La “felicità”… secondo l’Happy Planet Index 2016.
Una prospettiva altra, spacciata per la tua.
Una “classificazione”, che taglia fuori “l’autentico ‘stato”:
il tuo.
Al secondo posto viene messo il Messico.
Il benessere in Mexico è più alto dei vicini Stati Uniti, nonostante la sua economia sia 5 volte più piccola…
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Quale “benessere”?
Nel Messico esiste una condizione di “insicurezza totale”, tanto è elevata l’incidenza della “malavita organizzata”.
Le brutalità che accadono “lì”, sono senza eguali nel mondo. La violenza esercitata rappresenta quanto di più indicativo tu possa estrarre, al fine di ricordare quanto sia “ferma, la mano della dominante”.
Impronta ecologica, ineguaglianza negli stipendi, aspettativa di vita e benessere…
Una visione parziale, per esprimere una forma di assoluta “pubblicità ingannevole”. Non dovresti meravigliarti se venissi a conoscenza, che questo “studio” è finanziato , fra l'altro, anche dalla “funzione economico/turistica, messicana” …
Funzione. Finzione.
È come il calcolo del Pil (hanno reso la felicità, qualcosa di misurabile, ma solo parzialmente, seppure totalmente… dalla prospettiva “a monte” di te). 

Una sorta di media, alla Trilussa
"Sai ched'è la statistica? È 'na cosa
che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.
Ma pè me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pè via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perché c'è un antro che ne magna due".

Trilussa, La Statistica
  
Di fatto il componimento di Trilussa non fa altro che affermare che se qualcuno mangia due polli, e qualcun altro no, in media hanno mangiato un pollo a testa, anche se di fatto sappiamo che uno non l'ha mangiato
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"In fonno, la felicità è 'na piccola cosa...".
Trilussa
Già
Un esempio nella storia dei santi è quella di San Francesco, che era ricco, forse anche felice, ma era una felicità non completa; ha lasciato tutto è diventato povero ma completamente felice interiormente.
La felicità assoluta per il Cristianesimo ed anche per l'Ebraismo è la visione di Dio
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Quale versione della “felicità” ha abbagliato persino i cosiddetti “santi”?
San Francesco… era ricco, forse anche felice
la felicità assoluta per il Cristianesimo ed anche per l'Ebraismo è la visione di Dio (la “felicità” è, dunque, una “visione. Un… abbaglio. Uno stato di trance. Oblio).
Ecco la statistica all'opera
Non serve molto altro, di tuo, per comprendere quanto – questa “immagine” – sia del tutto deviata, rispetto alla reale portata del fenomeno globale della “povertà” (che non si risolve, sostanzialmente, perché sempre più famiglie hanno una “lavatrice” in casa):
una condizione che non è solo esteriore ma, soprattutto, interiore
poiché non permette alla “felicità” di radicarsi.
Piove sempre sul bagnato…”.
Quella “lavatrice”, le famiglie la dovranno ricomprare ciclicamente (contratto a vita) e pagare sempre più “salatamente”.
Com'è la” forma del mondo”, nel quale le famiglie “inseriscono i figli”?
Povertà, in 10 anni dimezzata per merito della globalizzazione.
Il capitalismo ha sconfitto quasi del tutto la povertà.
Tesi in parte provocatoria ma nel 1820 il mondo aveva un miliardo e 83 milioni di persone, ci cui appena il 5,6 per cento, ossia circa 61 milioni, era sopra la soglia di povertà minima.
Cento anni dopo il 18 per cento della popolazione mondiale era uscito dalla povertà estrema.
Nel 1970 eravamo al 28 per cento
Uno studio Usa del Boston Consulting Group mostra come nel decennio 2004-2014 la competitività manifatturiera dei principali paesi sia cambiata profondamente e la mette in correlazione con la diminuzione della povertà mondiale
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Nel 1820 il mondo aveva un miliardo e 83 milioni di persone, ci cui appena il 5,6 per cento, ossia circa 61 milioni, era sopra la soglia di povertà minima. Cento anni dopo il 18 per cento della popolazione mondiale era uscito dalla povertà estrema. Nel 1970 eravamo al 28 per cento:
questo significa che
il “mondo (per come lo conosci, oggi) è basato proprio su una percentuale minima, che rimane inalterata, di “fondamentale importanza” (non visto che, la "base si allarga", mentre il vertice si dematerializza, alla "tua" vista).
No? Che altro dovresti osservare, se non questo, prendendo atto della notizia “in parte provocatoria, ma…”?
Il Modello Far West, impera, da sempre, poiché… “ad immagine e somiglianza (strategica)” della dominante.
Il “carattere più forte”, alias, quello che ha trovato il modo di irrobustirsi alle tue “spalle”. Quello che mentre si rafforza, ti indebolisce.
Ti ritorna qualcosa? No? Sì? Forse? 
Devi sapere che, nel dubbio (agganciato alla certezza reale manifesta “qua, così”: un vero e proprio inganno), tenderai sempre a “rimanere esattamente come/dove sei ‘qua così’”.
Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che lascia non sa quel che trova”.
Nel dubbiorimani “ferm3”.
Ergo:
la felicità, “qua, così”
è 
in uno stato in stallo
fondato sull'inganno
cementato sulla solida apparenza.
Una “camicia di cemento” ai piedi, al fine di decadere sempre più profondamente e radicalmente “senza altra facoltà manifesta di accorgerti e fare ‘lato tuo/umanità, centrale’”.
Le avversità ti irrobustiscono? Sei con le spalle al muro?
Allora, non hai più nulla da perdere/temere.
Ed ecco dove “casca l’asino”:
per questo devi essere “felice”
ossia
devi avere di che mangiare quotidianamente
per poter vedere realizzati i “tuoi” sogni…
Sì, perché… altrimenti, ritorni “pericolos3” per lo status quo:
per la dominante
ma
non per te (che dal tuo potenziale, sei e rimani sempre, il potenziale – anche se, ora, inespresso).
Come per dell’esplosivo, è sufficiente accendere la miccia
“Fai” …
     
Davide Nebuloni
SacroProfanoSacro (SPS) 2016
prospettivavita@gmail.com
Bollettino numero 1920

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"Fai..." un po' Te.