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domenica 25 luglio 2010

La "torre di Pisa" che pende che pende e che mai viene giù.




Dedico questa importante citazione dall’opera di Paul DaviesDio e la nuova fisica”, a tutti quei ricercatori, nonché pionieri, nel campo dell’innovazione scientifica quantistica. Uomini e donne “coraggiosi” che tentano di unire due mondi che sono stati scollegati dall’opera dell’Antisistema. A tutto c’è un perché, quindi cercare di aumentare la nostra consapevolezza per comprendere le dinamiche che hanno portato a questa manifestazione della realtà, è un compito e una missione molto specifici ma assolutamente opportuni. Nulla è per caso…

Portare la free energy nelle case di ognuno di noi è un’opera che prima o poi avrà successo!

Perché, dunque, molto spesso tra un risultato potenziale ed uno manifesto c’è "differenza"? Leggiamo bene questa porzione di testo…

Rendendo meno netta la distinzione tra soggetto e oggetto e tra causa ed effetto, la teoria dei quanti introduce un elemento nettamente olistico nel nostro modo di vedere il mondo. Si è visto, nell’esperiemento di Einstein, che due particelle, per quanto nettamente distinte e separate, possono però far parte dello stesso sistema. Si è anche visto che è cosa priva di significato parlare dello stato di un atomo, o anche impiegare il concetto stesso di atomo, al di fuori del contesto di un assetto sperimentale esattamente specificato. Non ha senso chiedersi contemporaneamente dove si trova un atomo e come si muove. Prima occorre stabilire cosa si intende misurare, se la posizione o il movimento: solo dopo di ciò si può avere una risposta significativa. La misurazione comporta di solito il ricorso ad apparecchiature macroscopiche: quindi, la realtà microscopica è inscindibile da quella macroscopica – gli apparecchi sono fatti di atomi, evidentemente. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un “anello impossibile”.
David Bohm, noto studioso della teoria dei quanti, affronta questi temi in Wholeness and the Implicate Order:

La teoria dei quanti comporta un cambiamento fondamentale d’ordine descrittivo: è la rinuncia al concetto di analisi del mondo ripartito in frazioni relativamente autonome, che esistono separatamente ma che sono in interazione tra di loro. Al contrario, si tende invece a dar peso alla totalità indivisa in cui lo strumento d’osservazione non è separato da ciò che osserva.

Insomma il mondo non è un insieme di cose separate ma collegate tra di loro: è invece una rete di relazioni. Bohm qui si rifà a quanto dice Werner Heisenberg:

La normale separazione del mondo tra soggetto e oggetto, tra mondo interno e mondo esterno, tra corpo e Anima, non è più adeguata”.

Come si può risolvere l’”anello” paradossale secondo cui il macrocosmo – vale a dire il mondo dell’esperienza ordinaria – determina il microcosmo di cui è esso stesso composto? Ci si scontra con questo paradosso quando ci chiediamo cosa succeda in realtà quando si effettua una misurazione a livello quantico.  In che misura l’osservatore contribuisce a proiettare il nebuloso microcosmo in una condizione di autentica realtà?
Il problema della misurazione a livello quantico non  è in realtà che una variante del problema mente/corpo o software/hardware, con cui i fisici e filosofi combattono da decenni. L’hardware – la particella – è descritto da un’onda che ha in sé codificate le informazioni (il software) relative a ciò che probabilmente noterà l’osservatore nel momento dell’osservazione. Effettuata l’osservazione, l’onda “collassa” in una condizione particolare che attribuisce un valore netto e definito a ciò che è stato osservato.
Se si descrive la misurazione esclusivamente a livello di hardware si ricade inevitabilmente nel paradosso. Supponiamo che un elettrone colpisca un bersaglio qualsiasi e rimbalzi: può andare verso destra o verso sinistra. Basandoci sull’onda, calcoliamo dove l’onda stessa si dirige. L’onda rimbalza sul bersaglio e si diffonde sia verso destra sia verso sinistra, ammettiamo con eguale intensità. Ciò significa che durante l’osservazione si hanno cinquanta probabilità su cento di trovare l’elettrone o a destra o a sinistra. Va tenuto presente, però, che fino a quando l’osservazione non viene effettuata non si può stabilire (o meglio, non ha senso pensare di stabilire) da quale parte del bersaglio si troverà effettivamente l’elettrone: la particella si riserva di decidere, per così dire, fino a quando l’osservatore non va a vedere. Entrambi i mondi possibili coesistono in una realtà ibrida, fantasma.
Effettuiamo l’osservazione e troviamo che l’elettrone si è diretto ad esempio verso sinistra: istantaneamente il “fantasma” di destra svanisce. L’onda relativa collassa di colpo, perché ora non è più possibile che l’elettrone si trovi sulla destra. Cosa determina questo collasso improvviso? Per poter effettuare l’osservazione è necessario che l’elettrone sia in qualche modo collegato a uno o più strumenti il cui compito è di individuare l’elettrone e di amplificarne il segnale a livello macroscopico perché lo si possa rilevare. Ma il collegamento tra elettrone e strumento e il conseguente processo di rilevazione e amplificazione hanno carattere meccanico: nel senso che avvengono a livello di atomo (sebbene qui gli atomi siano presenti in numero enorme) e che risentono quindi anch’essi del fattore quantico. Rappresentiamo per semplicità l’apparecchiatura di misurazione con un’onda e immaginiamo che tale apparecchiatura disponga di un indicatore a due posizioni: una per segnalare che l’elettrone si trova a destra e l’altra a sinistra. Il sistema totale dell’elettrone più l’apparecchiatura è quindi un sistema quantico esteso: ciò ci obbliga a concludere che la natura ibrida dell’elettrone rimbalzato coinvolge anche l’indicatore. Anche lo strumento di misura deve dunque trovarsi in una condizione di limbo quantico: e l’indicatore non può trovarsi o nell’una o nell’altra posizione. L’atto della misurazione non fa che amplificare lo spettrale mondo dei quanti facendolo entrare in laboratorio.
Di questo paradosso si è occupato il matematico John Von Neumann. Lo studioso ha dimostrato (impiegando un semplice modello matematico) che il collegamento tra elettrone e strumento di misura costringe sì l’elettrone a scegliere tra destra e sinistra, ma al prezzo di trasferire questa condizione ibrida di irrealtà all’indicatore dello strumento. Von Neumann ha dimostrato anche che se lo strumento di misura è a sua volta collegato ad un’altra apparecchiatura che ha il compito di di rilevarne la lettura, ciò fa sì che anche l’indicatore del primo strumento debba scegliere tra le due posizioni: ma ora tocca alla seconda apparecchiatura entrare nello stato di limbo quantico. Possiamo quindi avere una catena di macchine che si rilevano l’una con l’altra, ognuna delle quali mostra una lettura ben definita: l’ultima macchina, però, rimane sempre in uno stato di irrealtà.
Questa bizzarra conclusione è illustrata ulteriormente da un altro famoso paradosso elaborato da Schrodinger. Qui l’apparato di amplificazione serve a immettere nell’ambiente una sostanza velenosa che uccide un gatto. Se prima l’indeterminazione riguarda l’indicatore che non punta né a destra né a sinistra, ora riguarda il gatto, che non è né vivo né morto. Anche un gatto è un sistema quantico: quindi bisogna concluderne che, fino quando non viene effettuata un’osservazione qualsivoglia, meccanica o d’altra natura, il gatto continua a permanere in un impensabile condizione di vita/morte. Il che, effettivamente, sembra assurdo.
E se invece di un gatto lo sperimentatore si servisse di un essere umano? Questi riuscirebbe in qualche modo a sperimentare questa condizione di vita/morte? No, naturalmente. Quindi la meccanica quantistica non si applica agli esseri umani? La successione a catena di Von Neumann si rompe di fronte alla consapevolezza dell’uomo? È quanto afferma Eugene Wigner, noto studioso della teoria dei quanti. 

Wigner avanza l’ipotesi che l’informazione sul sistema quantico, presentandosi alla mente dell’osservatore , sia proprio ciò che determina il collasso dell’onda quantica, trasformando così una condizione ibrida, uno stato fantasma, nell’altro stato, netto e preciso, della realtà concreta

Quindi è lo sperimentatore che, guardando l’indicatore dello strumento, fa sì che esso opti per l’una o per l’altra posizione; e, scendendo giù giù lungo la catena di Von Neumann, è sempre lo sperimentatore che costringe l’elettrone a decidersi.
Se accettiamo la tesi di Wigner ritorniamo all’antica idea dualistica secondo cui la mente ha un’esistenza distinta dalla materia ed è in grado di agire sulla materia stessa anche violando in apparenza le leggi della fisica”.

  

2 commenti:

  1. Quindi, se ho ben capito, usando la nostra mente possiamo creare la materia a piacimento ?

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  2. Caro Fabio,
    certo! Anche se in questa sede il messaggio era inerente al fatto che, nell'opera di scoperta o misurazione di un fenomeno quantico, noi stessi diventiamo parte dell'esperimento; ci interfacciamo con quello che intendiamo "fare" o misurare.

    D'altronde come potrebbe essere altrimenti? Tutto ciò esprime "solo" un frattale della nostra Natura divina. Volenti o nolenti :)

    Grazie ancora.

    Un abbraccio e tanta serenità

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