SPS

lunedì 7 giugno 2010

Di cupola in cupola.





Calcio: Calderoli, Inter vince grazie a soldi pubblici.
ROMA. "Io so che ci sono centinaia di milioni che ogni anno finiscono nelle casse di chi raffina il petrolio. Certamente, chi può contare su questi introiti ha meno difficoltà a fare la sua campagna acquisti e a vincere gli scudetti. Io credo che questo debba cambiare".
Così il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, dalle colonne del Corriere della Sera attacca l’Inter e il suo presidente Massimo Moratti e la Saras. Parlando del "tar", una scoria della lavorazione del petrolio sottolinea: "Questa è roba che un''azienda dovrebbe pagare per smaltire. Invece, grazie a una legge, c’è chi la brucia e prende pure i soldi dello Stato per produrre energia ''pulita''. Ma chi vogliono prendere in giro?".
"C’è chi compra i giocatori all’estero - insiste il ministro leghista - non fa vivaio, paga gli allenatori e i giocatori decine di milioni. Non è questo il momento. Non lo è più. Chi vive in un mercato basato su leggi strane, può permettersi di avvelenare il mercato. Di distorcerlo. E per giunta, questo obbliga anche tutti coloro che non si basano su leggi strane a inseguire, a dover far fronte in un modo o nell’altro", conclude.

Oggi tocchiamo il “profano” mondo del calcio, per giunta non in ambito sportivo ma in salsa “politica”. Ciò che ricorda il ministro della “semplificazione” (questa carica ricorda un po’ il mondo di Harry Potter) potrebbe equivalere ad una discussione tra accesi tifosi, oppure cela una più profonda verità? 

Da quando è caduta la “cupola” che faceva capo al “potere” precedente, quello per intenderci che ha decretato la fine della “triade” bianconera e che ha avuto in Moggi il suo più grande capro espiatorio, ci siamo semplicemente disposti a visualizzarne una nuova. Il potere che è rappresentato dai soci della società nerazzurra riguarda, anche e proprio l’ambito delle telecomunicazioni; “braccio armato” che ha permesso lo scoppio del “bubbone” legato alle intercettazioni telefoniche. Che dire poi del commissario straordinario della Federazione calcio, nominato nel maggio 2006, per fare fronte all’enorme caduta di credibilità del gioco più “amato” in Italia: Guido Rossi. Proprio il presidente di Telecom Italia che si rimpallò la carica con Tronchetti Provera, in quel periodo. Guido Rossi, tra l’altro, tra la fine degli anni novanta e i primi anni del duemila, è stato membro del consiglio di amministrazione dell'Inter, proprio come Tronchetti Provera.

Insomma una classica storia intricata all’italiana. Con queste mie parole scritte non intendo soffiare sulla fiamma della tifoseria, bensì fare notare come, in maniera sempre puntuale, certi successi nascano da modalità piuttosto ambigue. E questo “fenomeno” è oramai diffuso a pioggia in ogni ambito del sociale, dal momento in cui il binomio soldi e potere “politico”, sembra sempre pagare.

La Saras di Moratti, quando fu quotata in Borsa, venne fatta pagare carissima agli investitori finali, molti dei quali furono proprio i tifosi interisti che avevano riposto una super fiducia nel loro presidente tanto “caro”. Proprio quel Moratti che, nel frattempo, aveva speso cifre folli per dieci anni senza vincere quasi nulla. Miliardi e miliardi pagati a chiunque avesse un nome straniero; come non ricordare il caso Recoba? Ora, quei tifosi che hanno in portafoglio le Saras a prezzo pieno, cosa possono pensare dell’Inter? Avranno sicuramente gioito delle grandi e meritate vittorie, ma per loro, personalmente, cosa è cambiato? Nulla! Quando giunge una vittoria si tende a dimenticare, a cancellare ogni amarezza passata, proprio come nel caso della vittoria ai mondiali del 2006. Gran gioia nazionale per un “carrozzone” italico che, più che dare calci li aveva sonoramente presi. Ma questa è una storia che si ripete da sempre, basta ricordare i “raid” antidoping nel ciclismo, nell’atletica, nel nuoto, nel sollevamento pesi, etc.

Persino lo sport è naufragato nei frattali dell’insabbiamento umano.

Il concetto di gioire senza nulla pretendere in cambio, tranne l’appagamento personale, lo posso comprendere nell’ottica dell’Amore incondizionato, ma non l’immedesimarsi con un club, un allenatore, dei giocatori “galattici” che non rispecchiano per nulla la situazione media nazionale. Che dire delle violenze che scoppiano attorno al mondo del calcio? Inutile dire che l’Antisistema si avvale anche dello sport per togliere consapevolezza, per allontanare da se stessi, per invidiare, agognare le fortune altrui, etc.

Ricordiamo sempre che, così come abbiamo un telecomando per la televisione, abbiamo anche la possibilità di “spegnere” certi scenari sportivi andati fuori “giri”. Come al solito siamo noi che facciamo la differenza. Questa è la solida, certa, consueta, verità!

4 commenti:

  1. Mi domando perchè tantissime persone seguono degli "ambiti" , in questo caso il gioco del calcio, ben sapendo che c' è corruzione, poca trasparenza e giri di soldi a volte illeciti.
    E' palese, tutti lo sanno come funziona ma alimentano questo "pendolo" lo stesso. Neppure la consapevolezza del marcio smuove le persone.
    Perchè ???
    Io una idea me la sono fatta ma sono curioso di conoscere cosa ne pensi tu al riguardo.

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  2. Caro Amico,
    nell'articolo di oggi 8 giugno, ho scritto di "forme magnetiche di energia"; ebbene perchè non riusciamo a "cambiare" le abituidni? Ogni aspetto trattato è, in fondo una abitudine, o meglio un vero e proprio "incantesimo".
    Perchè non riusciamo a cambiare, a fare a meno di certe "cose"? Perchè non siamo svegli, non siamo in noi... queste forme ectoplasmatiche ci attanagliano, ci lobotomizzano, ci portano "via"... e giunge sempre sera e l'ora di andare a dormire e di affermare "domani ci penso, domani farò qualcosa"; e invece "domani" ci alziamo resettati e pronti a correre dietro ancora al solito programma quotidiano. La metafora dell'isola di Circe, per intenderci, dove Ulisse si ferma e sprofonda nell'oblio per anni e anni, senza avere più la forza interiore di opporsi a quel mondo mellifluo e ammaliante.

    Viviamo con le "bolle in testa"... non liberi, vincolati, frenati, stoppati, con il freno a mano tirato... ed è più facile dire "domani si vedrà" piuttosto che "fare qualcosa", aprire gli occhi, svegliarsi...

    Vedo che hai usato il termine "pendolo", penso da Vadim Zeland: è tutto perfettamente spiegato nei suoi libri...

    Le strutture organizzate che si sono allontanate dal pensiero primigenio, si nutrono dei partecipanti stessi... svuotandoli di tutto!

    Per carità, facciamo qualcosa!

    E' una questione di magnetismo e, come dice anche Braden, l'inversione dei poli resetterà il "computer" terrestre, purificandolo da tutte le forme pernsiero annidate da eoni...

    Grazie di cuore...

    Un abbraccione e tanta serenità

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  3. se avessimo il coraggio di vederci spietatamente come siamo , sappiamo bene che uscirebbe di noi una figura malandata, che sicuramente non ci piace perchè non ci fa onore; così largheggiamo con un " io farei" " io vorrei" " io dovrei" ...
    ... ma....e dietro il sipario del ma nascondiamo il vero intento che non è affatto quello del fare , bensì quello dello sventolare la pezza del lasciatemi stare che sto bene così. Non è vero che progettiamo nel cambiamento , perchè ce lo mettiamo nel sogno . Tanto i sogni mica si av verano, e così ancora una volta si lascia tutto come sta. Allontanata con sicurezza la fatica si resta indisturbati nella propria poltrona e chi s 'è visto amen.il nostro castello di carta per forza prima o poi dovrà crollare e allora saremo costretti a vivere o morire, senza intermedi .

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  4. Cara Loredana,
    è vero! In fondo stiamo bene come e dove stiamo, altrimenti faremmo qualcosa, no?

    E invece no! Non stiamo bene e non facciamo ugualmente nulla!

    E questa modalità è solo "figlia" dell'incantesimo gettato sul genere umano con la complicità del genere umano stesso...

    Siamo come impigliati in una rete "alternativa" a quella originale: la matrice, la Matrix, raccontata nell'omonimo film...

    Grazie di cuore...
    Un abbraccione...

    Una Buona Vita

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"Fai..." un po' Te.