Esiste un certo tempo nel quale le notizie particolarmente “sensate” si colorano di una valenza, come dire, quasi profetica; come se gli organi di diffusione di massa intonassero il suono del corno Vichingo che, dall’alto dei fiordi, annunciava il ritorno delle navi cariche di uomini e di “merci” e perciò annunciando un motivo di festa. Ieri le notizie provenienti da oltreoceano, da parte del presidente USA Obama, in relazione ad importanti imposizioni e restrizioni al modo di fare “affari” da parte delle banche americane, mi aveva colpito in maniera particolare; ed in effetti ha colpito anche i mercati globali, tramite un calo molto marcato. Tale diminuzione drastica delle contrattazioni mi fa sorridere. Ma come? Si annunciano misure che vanno nella direzione di cambiare quella modalità che ha dato luogo alla grande crisi internazionale ed i mercati rispondo in questo modo? Questo mi fa capire, ancora di più se era necessario, da chi sono “rappresentati” i mercati internazionali. Le borse si comportano come un branco di lupi affamati, per i quali l’importante è solo il profitto e non la modalità con la quale lo si raggiunge. C’è chi sostiene che le misure annunciate ieri da Obama non siano rappresentative di una vera volontà di cambiare, ma io sono fiducioso. Obama non può smantellare le infrastrutture di un “modello” con simili “radici” in maniera netta e brusca, perché il mondo cadrebbe in preda al panico e il cambiamento potrebbe essere peggiore del male da trasmutare. Io credo in quell’uomo quando denuncia che non può sostenere la visione dei grandi bonus dati dalle banche ai propri manager in un periodo in cui erano del tutto fallite e in virtù degli aiuti statali ricevuti. Aziende troppo grandi per fallire si diceva; un vero e proprio paradosso che deve finire.
L’altra notizia profetica alla quale dobbiamo dare un seguito tutti noi, senza lasciarla sparire nel nulla, è questa:
LuciaStove, nasce a Tortona la soluzione per portare energia e biochar nei villaggi
di Marco Magrini
La vita di Nathaniel Mulcahy è cambiata il 29 ottobre 2004. Fatto sta, che quel 29 ottobre cade dalle scale e si rompe letteralmente l'osso del collo. I soccorsi arrivano quasi cinque ore dopo e lo trovano ancora vivo, solo perché la sua cagnetta aveva usato il muso per tenergli la testa sollevata, e il corpo e le zampe per reggergli la schiena. «Senza di lei sarei morto», racconta Mulcahy, oggi 44enne. «Da quel giorno, ho deciso che non volevo più lavorare per far ricca un azienda, ma per migliorare il mondo. A tempo pieno». È così che, mentre lavorava su un progetto per migliorare la vita degli haitiani, ha inventato la LuciaStove, oggi un marchio registrato. Con cinque pezzi di alluminio, anche in Africa possono costruirsi un fornello pirolitico – capace di combustione senza ossigeno – che si alimenta con foglie, rami o scarti agricoli, che produce pochissimo monossido di carbonio (una delle principali cause di morte, nelle cucine del terzo mondo) e che lascia il solo residuo del biochar, il carbone vegetale: un potente fertilizzante, da reinserire nel più virtuoso dei cicli agroalimentari. «La sua particolarità – spiega Mulcahy con irrefrenabile entusiasmo – è che sfrutta attentamente la dinamica dei fluidi per ottenere una combustione con un efficienza del 93%, contro il 7-12% di un fuoco aperto». E il procedimento è replicabile su larga scala. Tutti i pirolizzatori del mondo sono chiusi, per tenere fuori l'ossigeno. Invece, la LuciaStove è miracolosamente aperta in alto: basta gettarci dentro della biomassa, accenderla e, dopo pochi secondi, il calore prodotto innesca la pirolizzazione, aiutata da un piccolo ventilatore laterale. Dagli ugelli in alto – disegnati in modo da sfruttare tre diversi vortici che si creano all'interno – esce un gas sintetico, fatto di idrogeno, metano e monossido di carbonio. Il quale, bruciando forma una specie di cappa che consuma l'ossigeno impedendogli di entrare, ma al tempo stesso esercita un "tiraggio" verso il basso che fa entrare l'azoto. «Tre etti di biomassa – spiega Mulcahy – bruciano per quasi un'ora e mezzo, regalando energia termica e, alla fine, lasciando come residuo un etto di biochar. Il quale, è un eccellente fertilizzante ed è capace di stoccare per secoli l'anidride carbonica che era nelle piante». La WorldStove, l'azienda fondata da Mulcahy per commercializzare la sua invenzione, sta già discutendo con «importanti aziende italiane dell'agroalimentare» (che lui non vuole ancora nominare) per adottare il procedimento su scala industriale. «Ci sono aziende che spendono fino a 30 euro a tonnellata, per smaltire i propri scarti. In questo modo, avrebbero energia gratis per i propri bisogni produttivi (o per venderla alla rete sotto forma di elettricità), e anche un fertilizzante naturale da reimmettere nel ciclo», con un conseguente, minor uso dei fertilizzanti chimici. Ma la commercializzazione? Non doveva salvare il mondo? «La WorldStove vende già questa tecnologia in Canada sotto forma di caminetti ecologici, visto che lì la combustione della legna è stata vietata. E abbiamo ricevuto una commessa per produrre 1,4 milioni di fornelli per ammodernare tutte le saune della Finlandia», dice Mulcahy con un sorrisetto malizioso. «Tutti fondi che servono per finanziare la distribuzione della LuciaStove nel Terzo Mondo a prezzi bassissimi, sottocosto, con la formula del microcredito». Migliaia di esemplari sono già stati spediti in Uganda, Indonesia, Zaire, Cameroon, Malesia, Mongolia e Costa d'Avorio. Un intoppo c'è: il ventilatore che affianca la LuciaStove, richiede corrente. «Ma lo abbiamo già risolto con tre diverse soluzioni – risponde Mulcahy – una delle quali sfrutta la gassificazione coassiale del fornello, autogenerando l'elettricità per la ventola. Anzi, anche di più: ci si può ricaricare il cellulare». Di fatto, per efficienza, facilità d'uso e per i benefici ambientali che comporta, la LuciaStove è un'invenzione che potrebbe far parlare di sé. È frutto dell'intuizione di un momento? «La mia cagnetta, stava ormai molto male», racconta Mulcahy. «Un giorno, mi ha appoggiato teneramente il muso sulle gambe. Mi sono messo a pensare e ho avuto il mio momento eureka. Poi, quando ho finito di mettere su carta le mie idee, lei se n'è andata».
Come avrete intuito, si chiamava Lucia.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Economia%20e%20Lavoro/risparmio-energetico/frontiere/luciastove-biochar.shtml?uuid=68d0d23e-0edb-11de-b874-530b20f3f76e&DocRulesView=Libero
Detto e fatto, oggi la sua invenzione sta convincendo tutti. Ha inventato LuciaStove, una stufa per cucinare e riscaldare, che non inquina, perché non brucia legno o combustibili minerali, bensì il gas che si sprigiona dagli scarti agricoli (pula, noccioli, residui). Non solo: dopo la generazione di calore, resta il biochar, un carbone vegetale che cattura l'anidride carbonica (antieffetto serra), trattiene l'acqua e migliora la fertilità dei terreni. "Alcuni amici avevano finanziato la costruzione di una scuola a Haiti. Ma i bimbi non la frequentavano perché impegnati a raccogliere legnetti per il fuoco. Sono un ingegnere: ho cercato di migliorare l'efficienza delle loro stufe. Ho venduto la mia casa per avviare, con 300mila dollari, la produzione industriale delle parti della stufa più delicate, qui in Italia. In un solo pacco, in cui si spedirebbe una sola stufa della concorrenza, al costo di 60 euro riesco a inviarne 18. Il prezzo unitario di una stufa base (un cubo di 15 cm) è di 12 euro. Dal 2008 il progetto è decollato. Abbiamo ricevuto ordini per due milioni di stufe". Ora Nat lo invitano alle Nazioni Unite. E arrivano sponsor come l'italiana AlmoNature, che finanzia il progetto. E Nat ha anche un sogno di crescita culturale per tutti. "Grazie a LuciaStove, che produce elettricità, anche i computer potranno diffondersi capillarmente".
L’altra notizia profetica alla quale dobbiamo dare un seguito tutti noi, senza lasciarla sparire nel nulla, è questa:
LuciaStove, nasce a Tortona la soluzione per portare energia e biochar nei villaggi
di Marco Magrini
La vita di Nathaniel Mulcahy è cambiata il 29 ottobre 2004. Fatto sta, che quel 29 ottobre cade dalle scale e si rompe letteralmente l'osso del collo. I soccorsi arrivano quasi cinque ore dopo e lo trovano ancora vivo, solo perché la sua cagnetta aveva usato il muso per tenergli la testa sollevata, e il corpo e le zampe per reggergli la schiena. «Senza di lei sarei morto», racconta Mulcahy, oggi 44enne. «Da quel giorno, ho deciso che non volevo più lavorare per far ricca un azienda, ma per migliorare il mondo. A tempo pieno». È così che, mentre lavorava su un progetto per migliorare la vita degli haitiani, ha inventato la LuciaStove, oggi un marchio registrato. Con cinque pezzi di alluminio, anche in Africa possono costruirsi un fornello pirolitico – capace di combustione senza ossigeno – che si alimenta con foglie, rami o scarti agricoli, che produce pochissimo monossido di carbonio (una delle principali cause di morte, nelle cucine del terzo mondo) e che lascia il solo residuo del biochar, il carbone vegetale: un potente fertilizzante, da reinserire nel più virtuoso dei cicli agroalimentari. «La sua particolarità – spiega Mulcahy con irrefrenabile entusiasmo – è che sfrutta attentamente la dinamica dei fluidi per ottenere una combustione con un efficienza del 93%, contro il 7-12% di un fuoco aperto». E il procedimento è replicabile su larga scala. Tutti i pirolizzatori del mondo sono chiusi, per tenere fuori l'ossigeno. Invece, la LuciaStove è miracolosamente aperta in alto: basta gettarci dentro della biomassa, accenderla e, dopo pochi secondi, il calore prodotto innesca la pirolizzazione, aiutata da un piccolo ventilatore laterale. Dagli ugelli in alto – disegnati in modo da sfruttare tre diversi vortici che si creano all'interno – esce un gas sintetico, fatto di idrogeno, metano e monossido di carbonio. Il quale, bruciando forma una specie di cappa che consuma l'ossigeno impedendogli di entrare, ma al tempo stesso esercita un "tiraggio" verso il basso che fa entrare l'azoto. «Tre etti di biomassa – spiega Mulcahy – bruciano per quasi un'ora e mezzo, regalando energia termica e, alla fine, lasciando come residuo un etto di biochar. Il quale, è un eccellente fertilizzante ed è capace di stoccare per secoli l'anidride carbonica che era nelle piante». La WorldStove, l'azienda fondata da Mulcahy per commercializzare la sua invenzione, sta già discutendo con «importanti aziende italiane dell'agroalimentare» (che lui non vuole ancora nominare) per adottare il procedimento su scala industriale. «Ci sono aziende che spendono fino a 30 euro a tonnellata, per smaltire i propri scarti. In questo modo, avrebbero energia gratis per i propri bisogni produttivi (o per venderla alla rete sotto forma di elettricità), e anche un fertilizzante naturale da reimmettere nel ciclo», con un conseguente, minor uso dei fertilizzanti chimici. Ma la commercializzazione? Non doveva salvare il mondo? «La WorldStove vende già questa tecnologia in Canada sotto forma di caminetti ecologici, visto che lì la combustione della legna è stata vietata. E abbiamo ricevuto una commessa per produrre 1,4 milioni di fornelli per ammodernare tutte le saune della Finlandia», dice Mulcahy con un sorrisetto malizioso. «Tutti fondi che servono per finanziare la distribuzione della LuciaStove nel Terzo Mondo a prezzi bassissimi, sottocosto, con la formula del microcredito». Migliaia di esemplari sono già stati spediti in Uganda, Indonesia, Zaire, Cameroon, Malesia, Mongolia e Costa d'Avorio. Un intoppo c'è: il ventilatore che affianca la LuciaStove, richiede corrente. «Ma lo abbiamo già risolto con tre diverse soluzioni – risponde Mulcahy – una delle quali sfrutta la gassificazione coassiale del fornello, autogenerando l'elettricità per la ventola. Anzi, anche di più: ci si può ricaricare il cellulare». Di fatto, per efficienza, facilità d'uso e per i benefici ambientali che comporta, la LuciaStove è un'invenzione che potrebbe far parlare di sé. È frutto dell'intuizione di un momento? «La mia cagnetta, stava ormai molto male», racconta Mulcahy. «Un giorno, mi ha appoggiato teneramente il muso sulle gambe. Mi sono messo a pensare e ho avuto il mio momento eureka. Poi, quando ho finito di mettere su carta le mie idee, lei se n'è andata».
Come avrete intuito, si chiamava Lucia.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Economia%20e%20Lavoro/risparmio-energetico/frontiere/luciastove-biochar.shtml?uuid=68d0d23e-0edb-11de-b874-530b20f3f76e&DocRulesView=Libero
Detto e fatto, oggi la sua invenzione sta convincendo tutti. Ha inventato LuciaStove, una stufa per cucinare e riscaldare, che non inquina, perché non brucia legno o combustibili minerali, bensì il gas che si sprigiona dagli scarti agricoli (pula, noccioli, residui). Non solo: dopo la generazione di calore, resta il biochar, un carbone vegetale che cattura l'anidride carbonica (antieffetto serra), trattiene l'acqua e migliora la fertilità dei terreni. "Alcuni amici avevano finanziato la costruzione di una scuola a Haiti. Ma i bimbi non la frequentavano perché impegnati a raccogliere legnetti per il fuoco. Sono un ingegnere: ho cercato di migliorare l'efficienza delle loro stufe. Ho venduto la mia casa per avviare, con 300mila dollari, la produzione industriale delle parti della stufa più delicate, qui in Italia. In un solo pacco, in cui si spedirebbe una sola stufa della concorrenza, al costo di 60 euro riesco a inviarne 18. Il prezzo unitario di una stufa base (un cubo di 15 cm) è di 12 euro. Dal 2008 il progetto è decollato. Abbiamo ricevuto ordini per due milioni di stufe". Ora Nat lo invitano alle Nazioni Unite. E arrivano sponsor come l'italiana AlmoNature, che finanzia il progetto. E Nat ha anche un sogno di crescita culturale per tutti. "Grazie a LuciaStove, che produce elettricità, anche i computer potranno diffondersi capillarmente".
Info: http://worldstove.com, worldstove@gmail.com
Fonte: http://www.millionaire.it/content/view/3025/67/
Sarà nostra responsabilità, non fare insabbiare questa fantastica notizia, questa realtà di tipo nuovo, questa energia assolutamente meritevole di manifestarsi in un mondo che lo necessita tantissimo e che se lo “merita”; l’età dell’oro è oramai giunta tra di noi. Ovvio, “oro” inteso come “luce”.
Fonte: http://www.millionaire.it/content/view/3025/67/
Sarà nostra responsabilità, non fare insabbiare questa fantastica notizia, questa realtà di tipo nuovo, questa energia assolutamente meritevole di manifestarsi in un mondo che lo necessita tantissimo e che se lo “merita”; l’età dell’oro è oramai giunta tra di noi. Ovvio, “oro” inteso come “luce”.
fantastica storia Davide che sicuramente non molti conosceranno , e ogni tipo di diffusione come quella che stai facendo tu qui , ora , suona come una benedizione per noi umani.E' il raggio creativo che rappresenta anche lo sforzo della la ricerca attraverso nuove forme di calore. Un modo per non restare attaccati al passato e immergersi invece in quella enegia che così poco conosciamo ma che ci riserverà in futuro molte altre sorprese che ci avvicineranno alla Natura.
RispondiEliminaCara Amica,
RispondiEliminale tue parole sono rilucenti.
Questa persona non abita distante da me; penso di andare a vedere personalmente quanto scritto. Una invenzione del genere merita tutta l'attenzione del genere umano. E' come rivivere l'epoca di Tesla e non peremttere che finisca allo stesso modo. "Lucia" non è solo una stufa, ma la speranza di vedere finalmente gli albori del "Mondo nuovo".
Grazie del tuo contributo...
Un abbraccio...
Serenità
Ho divulgato via mail il tuo articolo...
RispondiEliminaPenso siano in pochi quelli che conoscono questa storia...
Qui in Italia stiamo assistendo ad un vero e proprio scempio... non si aiutano idee come questa e si tenta di tornare al nucleare!!!
Grazie,
Un grande abbraccio
Bene!
RispondiEliminaOsserviamo cosa succede e non perdiamo di vista questa vicenda...
Spero che il costruttore non si "pieghi" troppo alle dinamiche del mercato usuale, cedendo al business ed aumentando il prezzo in maniera sconsiderevole. E' importante anche questo aspetto, perchè per diventare ricchi è sufficiente lasciare la stufa anche a soli 100 euro; moltiplicati per milioni di pezzi fanno una fortuna. Scrivo ciò perchè ho letto in internet di prezzi un pochetto esagerati (1500 euro e/o 300 euro). La cosa migliore è chiamare l'azienda e "tastare" personalmente con mano.
Grazie...
Serenità
ma invece di divulgare i commenti perche' non fate divulgare la stufa se esiste?
RispondiEliminaCaro Amico,
RispondiEliminasto cercando di capire cosa sia successo ad un anno da questo articolo.
E di cose, sembra proprio che ne siano accadute...
Presto scriverò un articolo a tal proposito :)
Grazie e una buona Vita