Oggi piove; particelle di tempo e di energia polarizzate conciliano lo stato meditativo naturale. La sinfonia globale delle gocce d’acqua riverbera echi del sé assopito come un gatto alla finestra. Oh, quale bellezza d’estasi il perdersi entro un simile manto di carezze…
Ognuno se lo dovrebbe concedere di tanto in tanto, secondo i ritmi della Madre Natura, a prescindere dal ciclo produttivo umano. Con le gocce d’acqua, lanciate al galoppo verso di noi, assaporiamo l’unione col cielo e con l’intenzione divina. E lunghi brividi e senso di completezza col tutto e, prima ancora, con noi stessi: meraviglioso. Odo e provo l’emozione dell’appartenenza al creato. Dentro di me tutte le stelle e le galassie del tempo. Fuori di me il nulla dal quale siamo nati. Nel cerchio continuo di questa parte di evoluzione…
Lunghe e palpabili sensazioni di piacere, come energia sconosciuta, si libravano irregolari lungo il corpo immobile, vivide. Quasi riuscissero a sollevarlo nell’aria, mantenendolo nell’oblio delle sensazioni. In quell’assurda ed allo stesso tempo preziosissima affinità romantica legata ai ritmi della natura…… gocce piene che s’infrangono contro ogni cosa. Simili a vibrazioni capaci di tornare indietro nel tempo, agli antichi giorni. Il grido della terra, ma anche il suono levigato, arrotondato, come un coccio di bottiglia dal mare. Una bolla. Un soffio capace di assumere i comandi della psiche, un breve dono di serenità, un circolo chimico chiuso, una droga ….. il suono stereo della pioggia.
Silenzio.
Come in un film, la colonna sonora in questa buia notte è lo scroscio della pioggia. Ovunque. E nient’altro. Costante nel proprio repentino ripetersi.
Passano in rassegna le immagini della città deserta ma, nel grande e ritrovato ordine, ciò che anima il silenzio è solo il ragno fluido dell’acqua piovana su e tra ogni qual cosa: a velarne i contorni, a mutarne le apparenze, quasi si divertisse. Lo scroscio della pioggia sulla città ansiosa di riprendere la vita…..
“… Sai che di notte nel sogno
si alzano città e genti,
mostri e fate Morgane
dagli spazi misteriosi dell’anima,
sono la tua immaginazione ed opera, te stesso,
sono il tuo sogno…..”
Da “ Il mondo un nostro sogno “ di H. Hesse.
E’ notte e tutto tace entro il manto di acqua cadente……
Persino i lampioni stradali nel riversare le loro docce di luce sulle vie ammutolite, sembrano prostrarsi a quel ritratto di sommaria infatuazione. Come fiori avvizziti desiderosi di riabbracciare il giorno. Tristezza? Lo potrebbe sembrare. Certo, un animo che si ritenga felice lo potrebbe anche pensare. Ma nel momento in cui lo pensasse, sarebbe poi tanto sicuro di esserlo veramente? (….Sommaria infatuazione ….).
Lo spirito della notte, il mistero, il rumore incessante della pioggia ed infine il sogno a coprire la maschia avanzata del tempo:
…ed il mondo immenso vive il tuo respiro ( H. Hesse ).
Da “Prospettiva Vita“.
Ognuno se lo dovrebbe concedere di tanto in tanto, secondo i ritmi della Madre Natura, a prescindere dal ciclo produttivo umano. Con le gocce d’acqua, lanciate al galoppo verso di noi, assaporiamo l’unione col cielo e con l’intenzione divina. E lunghi brividi e senso di completezza col tutto e, prima ancora, con noi stessi: meraviglioso. Odo e provo l’emozione dell’appartenenza al creato. Dentro di me tutte le stelle e le galassie del tempo. Fuori di me il nulla dal quale siamo nati. Nel cerchio continuo di questa parte di evoluzione…
Lunghe e palpabili sensazioni di piacere, come energia sconosciuta, si libravano irregolari lungo il corpo immobile, vivide. Quasi riuscissero a sollevarlo nell’aria, mantenendolo nell’oblio delle sensazioni. In quell’assurda ed allo stesso tempo preziosissima affinità romantica legata ai ritmi della natura…… gocce piene che s’infrangono contro ogni cosa. Simili a vibrazioni capaci di tornare indietro nel tempo, agli antichi giorni. Il grido della terra, ma anche il suono levigato, arrotondato, come un coccio di bottiglia dal mare. Una bolla. Un soffio capace di assumere i comandi della psiche, un breve dono di serenità, un circolo chimico chiuso, una droga ….. il suono stereo della pioggia.
Silenzio.
Come in un film, la colonna sonora in questa buia notte è lo scroscio della pioggia. Ovunque. E nient’altro. Costante nel proprio repentino ripetersi.
Passano in rassegna le immagini della città deserta ma, nel grande e ritrovato ordine, ciò che anima il silenzio è solo il ragno fluido dell’acqua piovana su e tra ogni qual cosa: a velarne i contorni, a mutarne le apparenze, quasi si divertisse. Lo scroscio della pioggia sulla città ansiosa di riprendere la vita…..
“… Sai che di notte nel sogno
si alzano città e genti,
mostri e fate Morgane
dagli spazi misteriosi dell’anima,
sono la tua immaginazione ed opera, te stesso,
sono il tuo sogno…..”
Da “ Il mondo un nostro sogno “ di H. Hesse.
E’ notte e tutto tace entro il manto di acqua cadente……
Persino i lampioni stradali nel riversare le loro docce di luce sulle vie ammutolite, sembrano prostrarsi a quel ritratto di sommaria infatuazione. Come fiori avvizziti desiderosi di riabbracciare il giorno. Tristezza? Lo potrebbe sembrare. Certo, un animo che si ritenga felice lo potrebbe anche pensare. Ma nel momento in cui lo pensasse, sarebbe poi tanto sicuro di esserlo veramente? (….Sommaria infatuazione ….).
Lo spirito della notte, il mistero, il rumore incessante della pioggia ed infine il sogno a coprire la maschia avanzata del tempo:
…ed il mondo immenso vive il tuo respiro ( H. Hesse ).
Da “Prospettiva Vita“.
"Il subconscio rappresenta i nove decimi della nostra identità, cioè la parte più grande di noi stessi. Possiamo paragonarlo a un vecchio un po' pigro che non vuole esser disturbato. Il vecchio signore legge il giornale, fuma forse la pipa, coi piedi nelle pantofole. E' stanco di rumore, di agitazione; anni di esperienza gli hanno insegnato a proteggersi da tutte le interruzioni e distrazioni superflue.
Il subconscio, come un vecchio un po' sordo, non sente, quando lo si chiama per la prima volta. La seconda volta fa il sordo perché non vuol sentire, perché non vuol essere disturbato. La terza, si irrita perché l'intruso gli dà fastidio mentre avrebbe voglia di leggere i risultati delle corse, e rifiuta ogni sforzo. Insistete, ripetete la vostra fede e finalmente il 'vecchio' sussulterà, e allorché la vostra affermazione sarà radicata nel vostro subconscio avrete la fede automatica."
Da “I SEGRETI DELL'AURA”.
A me piace scrivere fermando il tempo, descrivendo quel fermo immagine sensoriale che scaturisce dall’osservazione di sé fuori e dentro di sè… il tempo, fermo, viene poi rilasciato progressivamente descrivendolo emozionalmente…
Ben presto giunse la luce. L’alba fu bellissima, mostrando un sole crescente ed un po’ giocoliere, che lentamente si staccava dalla linea dell’orizzonte; il rosso era perfettamente racchiuso in una forma sferica, tanto d’apparire simile ad un palloncino colorato e riempito ad elio, scappato dalle mani di qualche ragazzino distratto. Quella ch’era sembrata una leggera venatura luminescente era divenuta, in seguito, quel simbolo di fuoco impresso nel dna di ogni principio vitale, raggiungendo apici impensabili.
Tutte le notti si congedano rimettendo lo spettacolo della prima luce, quasi interpretassero il sogno, la fame, di un intero pianeta.
E la luce scavò sentieri per ogni luogo, invadendo e riconquistando, a memoria e pacificamente, le opportune porzioni di spazio; colei che parla nel nostro presente d’aspetti del proprio passato, appare simile ad un antiquario per il quale, lo scorrere del tempo assume i precisi connotati della preziosità.
Raggi di luce splendevano su di un coccio, verdognolo, di bottiglia; altri risvegliavano il sonno della fauna, in parte impreparata, simili ad una sveglia naturale dalla fluttuante puntualità. Si divertivano, persino, a duellare con le forme materiali esistenti, nel tentativo di pennelleggiare fogge d’ombra tremule, chissà, come per esorcizzarne il possibile ritorno in massa. Il nuovo giorno sorse veloce , recando con sé una schiera di rumori silenti, voci di madre natura, come il delicatissimo schiudersi dei fiori, nei campi, o la frenetica attività del becco di un pulcino all’interno dell’uovo o, ancora, il quasi immobile e regolare volo delle rondini, fisse nella propria perfezione. E l’uomo?
Una fila di macchine ciancianti inondò il manto stradale, ululante d’orrore alla solita furia pendolare, poi, il silenzio di un semaforo, che, solitario, durante la notte aveva quietamente commutato per ore, fu destato con risolutezza dalle ingiurie di due automobilisti insofferenti. Gli scarichi presero a ruttare biossido di carbonio, fermi in code fumanti di centinaia di metri. Gli ultimi avanzi della vegetazione ricordavano i resti storici di antiche civiltà; arbusti scheletrici ed impolverati chiedevano l’elemosina lungo nidiate di serpi in catrame già rovente. Da qui la routine: lo sferragliare del tempo ad un ritmo di cinque settimi.
Scoccarono le sette e trenta minuti, le otto ed, ancora, le otto e mezza, infine le nove; era un flusso, la piena, che doveva per forza passare.
Una sinfonia inevitabile, geremiade di una società tanto cacofonica quanto poliedrica: coriandoli diversi, come gettati dagli spalti di uno stadio.
A me piace scrivere fermando il tempo, descrivendo quel fermo immagine sensoriale che scaturisce dall’osservazione di sé fuori e dentro di sè… il tempo, fermo, viene poi rilasciato progressivamente descrivendolo emozionalmente…
Ben presto giunse la luce. L’alba fu bellissima, mostrando un sole crescente ed un po’ giocoliere, che lentamente si staccava dalla linea dell’orizzonte; il rosso era perfettamente racchiuso in una forma sferica, tanto d’apparire simile ad un palloncino colorato e riempito ad elio, scappato dalle mani di qualche ragazzino distratto. Quella ch’era sembrata una leggera venatura luminescente era divenuta, in seguito, quel simbolo di fuoco impresso nel dna di ogni principio vitale, raggiungendo apici impensabili.
Tutte le notti si congedano rimettendo lo spettacolo della prima luce, quasi interpretassero il sogno, la fame, di un intero pianeta.
E la luce scavò sentieri per ogni luogo, invadendo e riconquistando, a memoria e pacificamente, le opportune porzioni di spazio; colei che parla nel nostro presente d’aspetti del proprio passato, appare simile ad un antiquario per il quale, lo scorrere del tempo assume i precisi connotati della preziosità.
Raggi di luce splendevano su di un coccio, verdognolo, di bottiglia; altri risvegliavano il sonno della fauna, in parte impreparata, simili ad una sveglia naturale dalla fluttuante puntualità. Si divertivano, persino, a duellare con le forme materiali esistenti, nel tentativo di pennelleggiare fogge d’ombra tremule, chissà, come per esorcizzarne il possibile ritorno in massa. Il nuovo giorno sorse veloce , recando con sé una schiera di rumori silenti, voci di madre natura, come il delicatissimo schiudersi dei fiori, nei campi, o la frenetica attività del becco di un pulcino all’interno dell’uovo o, ancora, il quasi immobile e regolare volo delle rondini, fisse nella propria perfezione. E l’uomo?
Una fila di macchine ciancianti inondò il manto stradale, ululante d’orrore alla solita furia pendolare, poi, il silenzio di un semaforo, che, solitario, durante la notte aveva quietamente commutato per ore, fu destato con risolutezza dalle ingiurie di due automobilisti insofferenti. Gli scarichi presero a ruttare biossido di carbonio, fermi in code fumanti di centinaia di metri. Gli ultimi avanzi della vegetazione ricordavano i resti storici di antiche civiltà; arbusti scheletrici ed impolverati chiedevano l’elemosina lungo nidiate di serpi in catrame già rovente. Da qui la routine: lo sferragliare del tempo ad un ritmo di cinque settimi.
Scoccarono le sette e trenta minuti, le otto ed, ancora, le otto e mezza, infine le nove; era un flusso, la piena, che doveva per forza passare.
Una sinfonia inevitabile, geremiade di una società tanto cacofonica quanto poliedrica: coriandoli diversi, come gettati dagli spalti di uno stadio.
Da “Prospettiva Vita“.
Questa è la storia di un gattone che, una notte, sfidò il “mostro” della strada…
Nel cuore della notte un grosso gattone nero, dall'aria alquanto arruffata, quatto quatto stava attraversando la placida strada. Un ombra nelle tenebre. Il lungo viale, in ogni direzione lo si guardasse, appariva dormiente. Una fila di alberi, incredibilmente rigogliosi, lo adornava su ciascuno dei due lati, formando un tunnel naturale ancora più buio della notte. Dal fogliame, reso fluttuante da un alito soave di vento, traspariva la maculata immagine della luna; fissa, oltre quel continuo ondeggiare, quasi a scandire il ritmo dell'eternità. Piovigginava. In lontananza, il rumore di una moto in accelerazione, lo mise sull'attenti. Le orecchie, delicatamente appuntite, si mossero, automatiche, tese a valutare l'entità del possibile pericolo. Era fermo, in prossimità di una linea bianca tratteggiata della mezzeria viabile. Silenzio. Fu attirato dai moscerini che volteggiavano attorno ad una piantina illuminata della città. Ripetitivi. Il semaforo, lampeggiante a quell'ora, duecento metri più avanti, dipingeva, sui muri di una casa, strane figure spiritate. Ogni volta uguali ma, sfuggevoli, indecifrabili. Magiche. Un improvviso gorgoglio risalì da un tombino stradale, poi ancora il silenzio. Il gattone, peraltro conosciutissimo da quelle parti, mosse gli occhi attorno al mondo li per li visibile. "Seduto", con la coda adagiata ed uniforme al folto pelo disordinato, prese a leccarsi, a turno, le zampe anteriori, strofinandosele, poi, sull'enorme faccione da cartoons. Comunque attento. Inaspettatamente un rumore si fece largo in lontananza. Sempre più intenso ed insistente. Alzato di scatto il muso tondo, le orecchie tornarono a muoversi all'unisono ed in varie direzioni. Gli occhi gialli, come la luna, si ravvivarono, trasformandolo nella creatura leggendaria, capace di incutere anche paura. Rimase immobile, con il resto del corpo, usufruendo della tiepida unione con il manto di catrame cittadino. Era quella la vita di un animale ? In costante attesa del pericolo ? Una macchina apparve lungo il viale, uscita da una via laterale .... ( prima marcia ) ... i fari, durante la svolta, parvero arrancare nel buio, successivamente "riguadagnarono" la carreggiata ..... ( seconda marcia ) .... il gattone si rizzò sulle quattro zampe muovendo qualche lieve ed affrettato "passo" verso il centro della corsia ..... ( terza marcia ) .... il rumore di quel mostro lo angosciava. Era terrorizzato ..... ( quarta marcia ) ..... due colpi di luce accecante lo investirono, paralizzandolo .... ( quinta ) .... le gomme trasmettevano a terra tutta la potenza e la pressione dei cavalli motore. Per quanti suoi simili ciò era equivalso all'ultimo rumore udito in vita ? L'auto si spostò il più possibile sulla destra, lampeggiando veloce con gli abbaglianti. A cento chilometri all'ora, avrebbe spolpato quel povero gatto, ma non riuscì minimamente a rallentare. Era una forza superiore che s'irradicava progressivamente nella volontà. Il nazistico effluvio di provare potere su di altri. Il gattone si trovava sempre là. In mezzo alla strada ed in rotta di ... collisione. Sempre più vicino, come un matador. Quasi fosse costituito da cemento armato. Poi, vincendo l'assurdo, con un balzo si trasferì sul ciglio della strada, restando vigile nell'accompagnare, con lo sguardo, il mostro battente in ritirata. Vide due luci rosse adornarlo posteriormente, ed altrettante manifestarsi poco dopo. Infine il rumore scemò progressivamente, sino a quando tutto ritornò alla calma. E fu di nuovo silenzio. Lo aveva sconfitto. Tanto valeva riprovarci !?!.
Questa è la storia di un gattone che, una notte, sfidò il “mostro” della strada…
Nel cuore della notte un grosso gattone nero, dall'aria alquanto arruffata, quatto quatto stava attraversando la placida strada. Un ombra nelle tenebre. Il lungo viale, in ogni direzione lo si guardasse, appariva dormiente. Una fila di alberi, incredibilmente rigogliosi, lo adornava su ciascuno dei due lati, formando un tunnel naturale ancora più buio della notte. Dal fogliame, reso fluttuante da un alito soave di vento, traspariva la maculata immagine della luna; fissa, oltre quel continuo ondeggiare, quasi a scandire il ritmo dell'eternità. Piovigginava. In lontananza, il rumore di una moto in accelerazione, lo mise sull'attenti. Le orecchie, delicatamente appuntite, si mossero, automatiche, tese a valutare l'entità del possibile pericolo. Era fermo, in prossimità di una linea bianca tratteggiata della mezzeria viabile. Silenzio. Fu attirato dai moscerini che volteggiavano attorno ad una piantina illuminata della città. Ripetitivi. Il semaforo, lampeggiante a quell'ora, duecento metri più avanti, dipingeva, sui muri di una casa, strane figure spiritate. Ogni volta uguali ma, sfuggevoli, indecifrabili. Magiche. Un improvviso gorgoglio risalì da un tombino stradale, poi ancora il silenzio. Il gattone, peraltro conosciutissimo da quelle parti, mosse gli occhi attorno al mondo li per li visibile. "Seduto", con la coda adagiata ed uniforme al folto pelo disordinato, prese a leccarsi, a turno, le zampe anteriori, strofinandosele, poi, sull'enorme faccione da cartoons. Comunque attento. Inaspettatamente un rumore si fece largo in lontananza. Sempre più intenso ed insistente. Alzato di scatto il muso tondo, le orecchie tornarono a muoversi all'unisono ed in varie direzioni. Gli occhi gialli, come la luna, si ravvivarono, trasformandolo nella creatura leggendaria, capace di incutere anche paura. Rimase immobile, con il resto del corpo, usufruendo della tiepida unione con il manto di catrame cittadino. Era quella la vita di un animale ? In costante attesa del pericolo ? Una macchina apparve lungo il viale, uscita da una via laterale .... ( prima marcia ) ... i fari, durante la svolta, parvero arrancare nel buio, successivamente "riguadagnarono" la carreggiata ..... ( seconda marcia ) .... il gattone si rizzò sulle quattro zampe muovendo qualche lieve ed affrettato "passo" verso il centro della corsia ..... ( terza marcia ) .... il rumore di quel mostro lo angosciava. Era terrorizzato ..... ( quarta marcia ) ..... due colpi di luce accecante lo investirono, paralizzandolo .... ( quinta ) .... le gomme trasmettevano a terra tutta la potenza e la pressione dei cavalli motore. Per quanti suoi simili ciò era equivalso all'ultimo rumore udito in vita ? L'auto si spostò il più possibile sulla destra, lampeggiando veloce con gli abbaglianti. A cento chilometri all'ora, avrebbe spolpato quel povero gatto, ma non riuscì minimamente a rallentare. Era una forza superiore che s'irradicava progressivamente nella volontà. Il nazistico effluvio di provare potere su di altri. Il gattone si trovava sempre là. In mezzo alla strada ed in rotta di ... collisione. Sempre più vicino, come un matador. Quasi fosse costituito da cemento armato. Poi, vincendo l'assurdo, con un balzo si trasferì sul ciglio della strada, restando vigile nell'accompagnare, con lo sguardo, il mostro battente in ritirata. Vide due luci rosse adornarlo posteriormente, ed altrettante manifestarsi poco dopo. Infine il rumore scemò progressivamente, sino a quando tutto ritornò alla calma. E fu di nuovo silenzio. Lo aveva sconfitto. Tanto valeva riprovarci !?!.
Da “Prospettiva Vita“.
" ..... che meraviglia il fuoco di quelle pallide pupille
di quei chiari fanali
di quei viventi opali
che fissi mi contemplano .... “.
" Il gatto " / I fiori del male - Baudelaire.
" ..... che meraviglia il fuoco di quelle pallide pupille
di quei chiari fanali
di quei viventi opali
che fissi mi contemplano .... “.
" Il gatto " / I fiori del male - Baudelaire.
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